Rinoplastica: Storia ed evoluzione
La rinoplastica è l’intervento di chirurgia estetica con la più remota storia. Ovviamente si trattava di una procedura molto rudimentale ma comunque era finalizzata al miglioramento estetico del naso.
La prima rinoplastica dell’era moderna, eseguita per fini puramente estetici e non ricostruttivi risale al 1845, ad opera del tedesco J. Dieffenbach. Nel 1887 il dott. Orlando Roe, di Rochester, pratica poi il primo intervento di rinoplastica estetica per via endonasale.
Ma la rinoplastica è tra i primi esperimenti che l’uomo tenta di realizzare ai fini ricostruttivi. In India, la tecnica che ancora oggi viene chiamata “dei lembi indiani” risale addirittura al 2.100 a.C. Infatti era frequente punizione per uomini e donne accusati di adulterio l’amputazione del naso, così anche per i prigionieri di guerra. La tecnica chirurgica della rinoplastica utilizzava lembi cutanei prelevati dalla fronte o dalla guancia.
Successivamente la chirurgia in senso lato non godrà più di questo successo, addirittura, già con Ippocrate, padre greco della medicina, la chirurgia viene declassata alla stregua di una semplice pratica manuale. Con l’oscurantismo medievale la pratica chirurgica viene addirittura giudicata negletta ed espressamente vietata, relegata perciò al barbiere o al cerusico, che si improvvisavano cavadenti e praticavano una chirurgia “di fortuna”.
Furono soltanto gli italiani Branca di Catania e Gaspare Tagliacozzi, bolognese, che compresero l’importanza psicologica della chirurgia plastica estetica. Nel suo libro “De curtorum chirurgia” (1597) il Tagliacozzi descrive numerose tecniche di rinoplastica, accompagnate da eccellenti illustrazioni. Allora i segreti della chirurgia estetica venivano tramandati di padre in figlio (come per i Branca da Catania) e gelosamente custoditi all’interno di famiglie di chirurghi.
La tecnica dei Branca (e del Tagliacozzi) del “lembo brachiale bipeduncolato” è stata utilizzata in chirurgia fino a non molto tempo fa e tutt’ora conosciuta come “lembo italiano”.
Ma dopo la morte del Tagliacozzi, questo tipo di chirurgia continuò l’era di declino e addirittura nell’illuminato ‘700 i medici dovettero lottare per ricattare lo stato di inferiorità della chirurgia rispetto alla medicina, considerata invece scienza (chirurgia in greco significa appunto “lavoro manuale”).
È dunque dal ‘900 che la chirurgia, e la chirurgia estetica, fanno un balzo di qualità, grazie agli studi anatomici e alla scoperta dell’anestesia. Si arriva a svelare le grandi implicazioni psicologiche sottintese dalla chirurgia estetica, e il chirurgo francese Raymond Passot afferma (1919) che “lottare contro le deformità fisiche ha lo stesso valore che combattere le malattie”.
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